TIFO E VIOLENZA : IL ROVESCIO
DELLA MEDAGLIA
( a cura di Marinelli Giuseppina )
La parola "tifo" deriva dal greco t'yphos ed ha un duplice significato "fumo, vapore" e "febbre con torpore". Il tifo è un fenomeno sociale per cui un individuo o un gruppo di individui si impegnano a sostenere con entusiasmo un concorrente o una squadra. Si tratta di un comportamento abnorme, diverso dal parteggiare per questo o per quello e si riferisce a tutti coloro il cui umore dipende dal risultato agonistico. Il tifo è vicino al sentimento amoroso in cui è "naturale" soffrire per un'eventuale rottura. Il tifoso si convince di aver vissuto un dramma o un sogno, può disperarsi per una sconfitta o gioire per una vittoria, è incapace di vivere di luce propria. Una ricerca inglese mostra che le violenze domestiche raddoppiano quando la squadra del cuore perde. Il tifo è l'elemento dell'esistenza di uno sport. In Italia è il calcio a farla da padrone, seguito da pallacanestro, pallavolo e motorsport.
Secondo una
branca della psicologia
che
si occupa dello studio dei processi sociali e cognitivi
e
del modo in cui le persone, entrando in relazione tra di loro, si
percepiscono e si influenzano, il
nostro cervello, quando è affaticato, si basa su modelli c.d. euristici che
gli consentono di scovare una risposta che l'individuo valuta sufficiente.
Il coinvolgimento emotivo del tifoso aumenta le possibilità che si attuino
delle euristiche come ad esempio le seguenti :
- categorizzazione: le cause del comportamento di una persona si
attribuiscono all'appartenenza dell'altro ad una specifica categoria;
- omogeneità: gli altri ci appaiono uguali, brutti e con minor valore
rispetto a "noi";
- contagio emotivo: allineamento all'atteggiamento del gruppo in maniera del
tutto inconscia (se io sono di buonumore ma il gruppo è aggressivo, perdo il
buonumore e divento aggressivo);
- condizionamento classico nei gruppi: le emozioni con il tempo diventano
l'essere del gruppo stesso (se ho rapporti negativi con i tifosi del Milan,
con il tempo l'avversità per il Milan diventa l'elemento caratterizzante);
- identità e difesa del gruppo: quando non c'è un premio in palio, due
gruppi nutrono un'antipatia di fondo. Quando il gruppo esterno rappresenta
una minaccia possono manifestarsi sentimenti che sfociano in forti
discriminazioni.
Ci sono sport che mettono più a rischio parti del corpo
rispetto ad altri ma sono meno pericolosi di quanto si immagini perchè
strutturati e regolamentati. La violenza è un'attività esterna che può
servirsi dello sport, in realtà, è la mentalità ad alimentare comportamenti
scorretti e violenti. Per combattere la violenza c'è bisogno dell'educazione
al rispetto nei confronti dei bambini e dei ragazzi che si avvicinano al
mondo sportivo ma, in primis, deve essere rivolta ai genitori spesso vittime
di una diseducazione che fa dello sport un mezzo di imposizione. E' attivo
da qualche anno il progetto "io tifo positivo" ideato dal giornalista
Candido Cannavò che ha lo scopo di promuovere una cultura sportiva positiva
all'interno degli stadi.
Nella società odierna lo sport, oltre a produrre spettacolo, manifesta
violenza ed aggressività. Possiamo riscontrare la violenza non solo tra i
tifosi che lanciano in campo fumogeni, petardi o oggetti pericolosi ma anche
tra i giocatori stessi che non accettano le decisioni dell'arbitro,
provocando risse. Ultimamente negli stadi sono stati vietati cartelloni
razzisti ed offensivi verso le altre squadre in quanto provocano reazioni
che si trasformano immancabilmente in tragedia, coinvolgendo appassionati,
spettatori, colpevoli solo di seguire ed incitare la squadra beniamina.
L'intolleranza e la ferocia hanno origini lontane come
dimostra il decesso di Giuseppe Plaitano, tifoso granata, nel 28 aprile 1963
durante il match Salernitana-Potenza. L'arbitro non concede un rigore alla
Salernitana, i tifosi per protesta invadono il campo, iniziano i tafferugli
ed un poliziotto spara in aria ferendo accidentalmente Plaitano.
Si pensi, ancora, alla tragedia verificatasi il 28 ottobre 1979 nella
capitale ad un'ora dal fischio d'inizio del derby Roma-Lazio. Vincenzo
Paparelli, tifoso laziale, viene colpito ad un occhio da un razzo sparato
dalla curva sud, settore pro Roma.
Da ricordare, ancora, è il recente caso del giovane tifoso napoletano, Ciro
Esposito, deceduto dopo 50 giorni di agonia dopo essere stato raggiunto da
un colpo di pistola in occasione della partita di Coppa Italia Roma-Napoli.
La violenza non è una piaga che affligge solo il calcio
italiano. Il 29 maggio 1985 prima della finale di Champions League
Juventus-Liverpool, tenutasi a Bruxelles, i tifosi del Liverpool sfondano le
reti metalliche che separano le due tifoserie. Il muro divisorio cede e in
molti restano schiacciati o nel tentativo di salvarsi finiscono calpestati
dalla folla: 39 morti e 600 feriti.
Il disimpegno morale è il meccanismo che permette di colmare il divario tra
pensiero ed azione, che si crea nel momento in cui l'individuo agisce contro
i propri valori morali e quelli della società, ponendo in essere
comportamenti deplorevoli senza far emergere in lui il senso di colpa. Si
tratta di un meccanismo cognitivo-sociale che interviene precedentemente
l'azione sosteneva lo psicologo canadese Albert Bandura. Se un modello che
noi seguiamo compie un'azione, noi siamo tentati di imitarlo, esattamente
come fanno i bambini, che non hanno ancora l'esperienza per capire da soli
se quel comportamento è corretto o no. La responsabilità delle proprie
azioni viene subordinata alla volontà di un'autorità superiore, non ci si
riconosce responsabili.
In Inghilterra il fenomeno della violenza negli stadi raggiunge il suo apice nella seconda metà degli anni 80 con l'avvento del "fenomeno hooligans". Il termine "hooligan" è associato al calcio e definisce tifosi violenti protagonisti di tafferugli. Dal campionato 67/68 comincia a prendere forma negli stadi britannici una nuova tipologia di tifoso: capelli rasati, sciarpe con i colori della propria squadra, giubbotto imbottito e ai piedi anfibi con punta in metallo. E' quest'ultima caratteristica ad attribuire al gruppo il soprannome di boat boys ( boat, stivale) il cui credo è la violenza. In occasione delle sfide calcistiche è consuetudine bere e fare a botte con i supporter avversari. Margaret Thatcher, allora premier del paese, detta "Lady di ferro", ordina il ritiro di tutte le squadre rappresentanti la propria nazione dalle competizioni internazionali ma gli inglesi non rinunciano al calcio in casa propria, combattendo il fenomeno, all'insegna di due precetti guida: prevenzione e repressione.
Il Taylor Report è stata l'indagine-ricerca finalizzata a
contrastare la violenza dei tifosi in Inghilterra.
Gli ingredienti decisivi per arginare la violenza possono così riassumersi:
-ristrutturazione degli impianti con l'eliminazione delle barriere tra il
campo e la tribuna, seggiolini in tutti i settori, capienza di 20mila posti
ed uso di telecamere a circuito chiuso;
-responsabilizzazione delle società di sorveglianza all'interno degli
impianti mediante stewards privati, pagati dai club, in collegamento via
radio con la polizia presente all'esterno della struttura;
-divieto per le società di intrattenere rapporti con i propri tifosi;
-creazione della National Football Intelligence Unit, squadra speciale di
sorveglianza nazionale anti-hooligans, costituita nel 1989 dalla Scotland
Yard;
-sistema "Crimistoppers" ideato da privati ( numero verde a cui si può
telefonare per segnalare episodi, persone sospette e/o situazioni
pericolose).
Sotto il profilo normativo:
-Lo Sporting Event Act(1985) vieta l'introduzione degli alcoolici negli
stadi;
-Il Pubblic Order Act (1986) definisce reato il comportarsi in modo
allarmante, anche se non violento, impedendo l'accesso negli stadi dei
tifosi che presentano i suddetti requisiti, i quali devono presentarsi ai
comandi di polizia in occasione delle partite;
-Il Football Offences Act(1991) consente alla polizia di arrestare e far
processare per direttissima i tifosi anche solo per violenza verbale;
-Il Football Disorder Act conferisce poteri enormi alla Scotland Yard che
può sequestrare il passaporto di un sospettato anche cinque giorni prima di
una gara che si disputi all'estero.
Varie sono le notizie di gruppi
impazziti di tifosi violenti che piombano in città creando scompiglio e
mettendo in pericolo la vita delle persone, l'aspetto della città e
l'incolumità dei beni culturali. Si ricordi il caso dei tifosi del
Feyernoord in trasferta a Roma per la partita di Europa League
Roma-Feyernoord. La fontana della Barcaccia del Bernini ha avuto la peggio e
i danni stimati ammontano ad un milione e mezzo.
Il decreto legge antiviolenza, già approvato dalla Camera con 289 si, 144
contrari e 2 astenuti, ha ricevuto il via libera dal Senato con 164 voti a
favore e 109 contrari.
La normativa:
- pone sui club l'obbligo di contribuire al pagamento degli straordinari
delle forze dell'ordine versando una quota dell'incasso prevista tra l'1 e
il 3%;
- concede agli agenti l'utilizzo della pistola elettrica;
-
sancisce il divieto di trasferta per uno o due campionati in caso di gravi
episodi violenti;
- attua l'arresto in flagranza differita nei confronti di tifosi colpevoli
di aver intonato cori ed esposto striscioni razziali.
Il tribunale può disporre nei confronti di tifosi recidivi la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza integrata con il divieto o l'obbligo di soggiorno. Per chi commette reati in gruppo, il divieto di entrare allo stadio è prolungato ad almeno 3 anni che diventano 5 o 8 in caso di reiterazione del reato. Chi compra o vende una partita rischia fino a 9 anni di reclusione e gli inquirenti possono avvalersi di intercettazioni.
... Nello sport il gioco deve essere una costante. Quando questa componente viene a mancare è ora di smettere. - Josefa Idem (ex canoista).
- Marinelli Giuseppina - Collaboratrice Criminiseriali