SUICIDIO : atto cosciente che pone fine alla propria vita (a cura di A. Lazzaro)
Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami:
il tuo sorriso è la mia pace.”
Sant’Agostino
Una domanda alla quale si riesce a dare in minima parte risposta, ma che rimane spesso solo un quesito al quale nessuno potrà realmente darci un’effettiva risposta poiché chi avrebbe potuto magari non è più con noi. Si rimane attoniti di fronte a codeste notizie e si spera sempre che non sia una persona a noi vicina ad esserne coinvolta.
*non consideriamo in questo scritto le condizioni di gravissima compromissione della salute e delle funzionalità, le quali rientrerebbero nel tema ben più largo dell’eutanasia, argomento che esula almeno in parte da queste riflessioni.
Accade molto spesso che ad essere artefici di tale
destino siano proprio quelle persone dalle quali non te lo aspetteresti mai, che
apparentemente conducono una vita tranquilla.
Ritengo che
nessuno si suicidi in un momento di follia ma, piuttosto che questi siano atti
a lungo ragionati e pensati. Pare che, dopo vari ragionamenti la mente ponga
come unica soluzione o via d’uscita la perdita della propria vita.
Molto spesso,
ci troviamo di fronte persone apparentemente normali delle quali però non
sappiamo davvero se ciò che esse ci mostrano o ci dicono sia la loro realtà. Questo
perché noi dei pensieri altrui conosciamo solo quello che gli altri ci vengono
a dire.
A tal proposito, molto spesso si tende a sottovalutare i problemi altrui, o magari si pensa che coloro i quali vivono una vita soddisfacente non possano invece vivere la propria vita in angosce, traumi, ed esperienze pregresse che sono in grado di mascherare di fronte agli altri. Ed ecco che, quando queste persone compiono un gesto estremo come quello del suicidio tutto il dramma ci appare incomprensibile.
Si parla genericamente di "suicidio", ma non di "quella specifica persona che si suicida" proprio perchè non si ha mai la vera conoscenza della motivazione che sta alla base dell'atto.
Se si pensa
alle condizioni psicopatologiche predisponenti a tale evento si pone attenzione
in primo luogo alla depressione in tutte le sue varianti cliniche, i disturbi
dell’umore come la ciclotimia o il disturbo bipolare le quali, possono
aumentare il rischio di suicidio. Va precisato però, che tutte le patologie
psichiatriche aumentano il rischio di suicidio.
Si
ritiene, inoltre, che il suicidio sia quel tentativo estremo di allontanarsi da
un dolore psicologico divenuto insopportabile.
Durkheim
asserisce, che “ogni società, in ciascun momento della sua storia, ha una determinata
tendenza al suicidio”. Inuno dei suoi studi più famosi (Il suicidio. Studio di
sociologia, 1897) afferma del suicidio che, se pur sembrando in apparenza un
atto soggettivo, imputabile a incurabile infelicità personale, Durkheim mostra
come ci possano essere dei fattori sociali che esercitano un'influenza
determinante al riguardo, soprattutto ciò che egli chiama anomia, ovvero
la rottura degli equilibri della società e lo sconvolgimento dei suoi valori.
Durkheim scarta le spiegazioni del suicidio di tipo psicologico
ammettendo che vi possa essere una predisposizione psicologica di certi
individui al suicidio, ma la forza che determina il suicidio non è psicologica, bensì
sociale. Elenca quattro tipi di modi di suicidio:
- il suicidio egoistico si verifica a causa di una carenza di
integrazione sociale; ovvero è causato dalla solitudine con la quale
l'individuo non integrato si trova a dover affrontare i problemi quotidiani;
- il suicidio altruistico si ha quando la persona è troppo
inserita nel tessuto sociale, al punto da suicidarsi per soddisfare
l'imperativo sociale;
- il suicidio anomico,
tipico delle società moderne, sembra collegare il tasso dei suicidi con il
ciclo economico: il numero dei suicidi aumenta nei periodi di sovrabbondanza
come in quelli di depressione economica.
- il suicidio fatalista,
è tipico di un eccesso di regolamentazione, di una sorta di dispotismo morale
esercitato dalle regole sociali, di un eccesso di disciplina che chiude gli
spazi del desiderio.
Un altro modello dove è possibile
trovare le caratteristiche degli individui che compiono questo atto è quello proposto da Edwin
Shneidman (Suicide aspsychache: A clinical approach to self-destructive behavior, Jason Aronson, Northvale, 1993) ovvero il
suicidio come risultato di un dialogo interiore nel quale l'individuo, di
fronte ad un problema percepito di grande entità, passa in rassegna le opzioni
a sua disposizione. Pare che, il suicidio nonostante le varie opzioni aventi,
per il soggetto torna sempre come unica soluzione finché il soggetto conclude con
considerare il suicidio la migliore soluzione.
Uno studio dell’
University of British Columbia (Alexis M. May and E. David Klonsky, Assessing Motivations for Suicide Attempts: Development and
Psychometric Properties of the Inventory of Motivations for Suicide Attempts, 2013) fornisce la prima
misura scientificamente testata per valutarne le motivazioni. Lo studio,
basato su 120 partecipanti che hanno tentato il suicidio, suggerisce che molte
delle motivazioni che fino ad ora si è creduto giocassero un ruolo importante
nel suicidio in realtà sono relativamente rare. Tra tutte le motivazioni per il
suicidio due sembrano essere comuni a tutti i partecipanti: la disperazione e
il dolore emotivo travolgente. L’Inventory of Motivations for Suicide Attempts
(IMSA), usato nello studio, è oggi lo strumento più preciso per valutare le
motivazioni al suicidio.
L’Organizzazione
Mondiale della Sanità ha posto l'accento sul fatto che visti il trend degli
attuali suicidi, nel 2020 si potrebbe arrivare ad oltre un milione e mezzo di
morti per tale causa; una stima pessimistica che fa riflettere su quanto si
debba ancora fare per fronteggiare il fenomeno. Il 10 settembre di ogni anno si
celebra la Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio coordinata
dall'International Association for Suicide Prevention, al fine di
sensibilizzare sulla necessità di arginare il fenomeno suicidario, ma
probabilmente ancora non si è giunti ad
una concreta soluzione per porre fine a tale gesto.
Obiettivo
dei numerosi studi è che un giorno si possa trovare una soluzione concreta che
riguardi tutte le generazioni senza alcuna distinzione.
A parer mio, si assiste oggi a numerose crisi ma anche a perdita di valori, certezze e soprattutto di serenità, motivo per il quale molto spesso siamo portati a demotivarci ed a trovare del negativo sprofondando nell’abisso della disperazione dove sembra che l’unica via d’uscita sia solo la Morte.
Ed è così
che il proprio vuoto diventa il vuoto di chi invece piange la perdita del
proprio caro.
Allora,
una delle possibili soluzioni è quella di parlarne, quella di chiedere un aiuto
a professionisti del settore i quali potranno ascoltare, comprendere e trovare
una soluzione positiva al “dramma” in questione.
E
infine vi dico, cari lettori, non chiudevi mai in voi stessi anche quando la
vita frenetica vi fa pensare che nessuno è disposto ad ascoltarvi; ci sarà
sempre qualcuno in qualche angolo del vostro mondo disposto a farlo, ed allora
allora parlatene.
Perché i silenzi diventano vuoti e i vuoti producono disperazione e la
disperazione ci porta a vedere solo il negativo, dove magari del positivo
esiste ma nessuno sinora era ancora stato in grado di farvelo notare!
Articolo a cura della Dott.ssa Antonella Lazzaro