Quando lo Stalker è Donna! ( a cura di Salvia Gelsomina )
Violenza, Abuso, Stalking…
Leggendo queste parole, che rimandano sicuramente a forza, prestanza fisica,
aggressività, cosa ci viene in mente? o meglio CHI ci viene in mente?
Un uomo. Si, perché siamo spinti a pensare sempre che ogniqualvolta si parli
di violenza, in senso generale, sia un uomo il protagonista attivo, che
attua comportamenti aggressivi nei confronti della donna, la quale viene
considerata sempre e solo una vittima.
Questo nostro modo automatico di pensare è dovuto in gran parte alla
radicata concezione che da sempre la società ha avuto della donna,
considerata l’elemento debole, da difendere, come un essere poco pericoloso
per sua natura.
Ma è proprio qui che ci sbagliamo, in quanto, contrariamente a quanto si
possa pensare, anch’essa è capace di agiti abusanti e persecutori, che
vengono però minimizzati e “normalizzati”.
Se andiamo ad analizzare la casistica mondiale notiamo come circa il 30% dei
casi di Stalking vede come vittima l’uomo, il quale ha subito molestie da
parte di una Donna.
Ci potrà sembrare strano, ma i numeri parlano chiaro.
Nella letteratura scientifica sono presenti pochissimi studi sulla donna
autrice di molestie assillanti. Il fenomeno è poco studiato a livello
empirico in quanto marcatamente connotato al maschile da parte degli
aggressori e al femminile per quanto riguarda le vittime.
Analizzando alcuni studi effettuati in merito (Purcell, Pathè, Mullen
1993/2000; Meloy e Boyd 2003; Meloy, Mohandie e Green 2011), emerge che le
stalkers sono generalmente donne eterosessuali di un’ètà compresa tra i
30/35 anni, single e con una compromissione psichiatrica nella maggior parte
dei casi, con meno probabilità di perseguitare un’ex partner sessuale e più
tendenti a comunicazioni benevole mediante mezzi che non implicano
necessariamente la vicinanza fisica con l’oggetto d’attenzione rispetto agli
stalkers uomini.
Nonostante le ricerche non abbiano individuato un profilo univoco del
molestatore assillante, tra lo Stalker uomo e la Stalker donna esistono
molte analogie in merito al profilo psicologico: molti presenterebbero i
criteri per la diagnosi di BDP (Disturbo Borderline di Personalità).
I soggetti con BDP presentano un senso di sé debole e sentono di esistere
solo quando sono coinvolti in una relazione simbiotica con l’altro: “senza
di te non sono niente” è la tipica frase pronunciata da un soggetto con tale
disturbo quando la relazione con l’altro è minacciata o sta per venire meno
per decisione altrui.
Di fronte alla minaccia dell’abbandono il soggetto si sente perso
completamente, e lo accompagna una sensazione di annientamento della propria
identità: il suo valore dipende dalla relazione con l’altro.
Solitamente la Stalker donna, come anche l’uomo, si mostra agli altri come
una persona simpatica, nascondendo le sue debolezze sotto la maschera della
cordialità.
È molto abile a nascondere le sue fragilità, perché sa che nessuno
crederebbe mai che una persona così sia capace di atti persecutori!!
Ma attenzione perché se osserviamo attentamente possiamo ritrovare dei
segnali che fungono da campanello d’allarme: ad esempio la sensazione di
sentirsi esausti e svuotati dopo aver trascorso del tempo in compagnia di
questa persona.
Ancora, un altro aspetto che deve far pensare subito ad un disturbo di
personalità è la tendenza del soggetto in questione a percepire (in modo
esasperato) qualsiasi cosa venga detta come una critica malevola nei suoi
confronti; ciò di conseguenza provoca in questa reazioni eccessive e
inadeguate al contesto.
Per quanto riguarda il Modus Operandi bisogna sottolineare come la donna
persecutrice metta in atto strategie più sottili e indirette per colpire la
sua vittima, e non necessariamente la violenza fisica: colpisce l’altro in
quello che ha di più caro, infangandone la reputazione, diffamandola,
minando il suo rapporto di coppia e/o la sua carriera professionale.
Lo stalking femminile è un processo lento ma degenerante che varia a seconda
del tipo di rapporto instaurato con la vittima, e soprattutto in base al
genere di quest’ultima: le donne sono più propense, rispetto alla
controparte maschile, a molestare sia uomini che donne.
Nel caso delle molestie dirette ad una donna, le motivazioni più frequenti
sono:
• vendetta per un’offesa o per un torto subito che ha provocato nella
stalker una profonda ferita narcisistica;
• la rottura di un’amicizia;
• vendetta per la fine di una storia sentimentale (la vittima è l’attuale
compagna dell’ex partner della stalker);
• mobbing lavorativo e/o domestico.
Nel caso in cui invece la vittima sia un uomo le conseguenze sono peggiori
in quanto la molestia ha origini più complesse:
• vendetta emotiva (il partner ha offeso la stalker in passato con un
tradimento ad esempio);
• vendetta per la violenza subita;
• vendetta per motivi economici;
• vendetta per gelosia;
• vendetta per rifiuto o abbandono.
Non sempre la vittima delle molestie è un ex partner. A volte può trattarsi
di qualcuno con il quale la persecutrice ha o ha avuto in passato un
rapporto professionale o di amicizia, una vicina di casa, un collega, il
proprio medico etc.
A prescindere dal genere del bersaglio designato, la relazione tra questa e
la stalker generalmente nasce per caso e diventa in poco tempo molto stretta,
fortemente idealizzata, tanto che la vittima tende ad essere considerata
come più importante e significativa di quanto in realtà sia.
Numerosissime telefonate, in orari impensabili (anche nel cuore della notte),
comportamenti di controllo e sorveglianza,autoinviti in casa senza preavviso
e nei momenti meno opportuni.
È così che si comporta una stalker: non accetta i limiti e pretende che
l’altro sia costantemente a sua disposizione. Se ciò non accade diventa
aggressiva.
È fondamentale ricevere una qualsiasi risposta emotiva dalla vittima,
positiva o negativa che sia; il silenzio (quindi la non risposta) non viene
accettato in quanto genera un’angoscia insopportabile.
Inoltre, come accennato in precedenza, i comportamenti violenti attuati
dalle donne vengono spesso giustificati e “normalizzati”. Ne conseguono da
ciò effetti negativi in quanto così facendo si abbassa l’allarme sociale e
aumenta la resistenza delle vittime, soprattutto degli uomini, a denunciare
gli abusi subiti per mano di una donna.
Effettuare una denuncia per stalking (sia esso perpetuato da un uomo o da
una donna) non è facile e a volte non si ha voglia di avviare procedimenti
giuridici e si preferisce quindi tacere, minimizzando la questione.
Si può quindi ben capire come sia ancora più difficile per uomo denunciare
lo stalking attuato nei suoi confronti da una donna: infatti il dark number
(numero oscuro) è molto elevato in questi casi: esso è costituito da tutti
quei casi di vittimizzazione maschile che vengono taciuti per vergogna o per
paura di essere ridicolizzati e non compresi.
Da una ricerca che ha analizzato il fenomeno dello stalking nel Sud-Italia
dopo il d.d.l. n°11/2009 (Fabio Delicato & Coll), emerge come questo sia
molto più diffuso al Sud rispetto alle altre regioni italiane: su un
campione di 500 soggetti (M=230 F=270) il 20% del totale ha dichiarato di
aver subito atti persecutori, formando il sottocampione oggetto della
ricerca; di questo sottocampione il 19% è di sesso maschile, di cui nessuno
ha sporto denuncia! Nel sottocampione di ricerca, precisiamo che soltanto il
21% (tutto costituito da donne) si è rivolto alle autorità, denunciando
l’accaduto.
La ragione del silenzio delle vittime Maschili è probabilmente da
rintracciare nella visione condivisa di una società patriarcale, che da
sempre ha attribuito all’uomo grande potere e gli ha permesso di far valere
la sua posizione di “maschio” con ogni mezzo a sua disposizione, anche la
violenza.
Detto ciò risulta comprensibile come l’uomo sia meno incline a denunciare le molestie subite, soprattutto se a perpetuarle è una donna: gli uomini non possono avere paura, non possono essere vulnerabili altrimenti apparirebbero deboli agli occhi del mondo e verrebbe meno la loro virilità.
Gelsomina Salvia, Psicologa tirocinante
Collaboratrice Criminiseriali